RadiceRemota è un progetto che nasce da una domanda:
e se il futuro passasse per le storie più antiche?

Viviamo in un tempo in cui tutto corre: i treni, le notizie, le scelte, persino i viaggi. Ma cosa accadrebbe se ci fermassimo? Se invece di cercare l’esotico, cercassimo ciò che è rimasto invisibile sotto i nostri piedi?
RadiceRemota nasce così — da un’assenza. Da quei paesi senza cartoline. Da quei dialetti che nessuno più traduce. Da quelle mani che sanno ancora impastare, intrecciare, raccontare.
Noi crediamo che ogni borgo abbandonato sia una biblioteca chiusa a chiave. Che ogni anziano sia un libro che sta per sparire. E che per ritrovare un domani più giusto, dobbiamo attraversare ciò che è stato dimenticato.
RadiceRemota non è turismo. È un modo di abitare il tempo.

Cosa facciamo

  • Organizziamo viaggi lenti, profondi e trasformativi nei borghi più remoti d’Italia. Ma non siamo agenzia, non siamo tour operator. Siamo tessitori di relazioni.
  • Nei nostri viaggi, non si viene a vedere: si viene a sentire. Il silenzio di un forno spento. Il ritmo delle mani su un telaio. Le parole che non stanno nei musei, ma nei vicoli.
  • Ogni esperienza è costruita con chi vive nei luoghi: anziani, artigiani, contadini, cuochi, pastori. Non ci limitiamo a “offrire attività”. Proponiamo un incontro reale, con la terra e con le sue voci.
  • Un viaggio con noi non si dimentica perché non si consuma. Si custodisce.

Perché esistiamo

  • Per salvare la conoscenza orale, quella che non sta nei libri ma nelle mani e nei silenzi.
    Perché non vogliamo che i saperi si spengano come candele.
    Perché crediamo che ci siano persone che hanno continuato ad aspettare, anche quando nessuno è più tornato.
  • Esistiamo per costruire ponti tra generazioni. Per ascoltare storie che non cominciano con “C’era una volta”, ma con “Ti faccio vedere come si fa”.
    Per dare un futuro alla memoria.
    Per rendere il margine centro.
    Per camminare dove gli altri passano solo in macchina.
  • RadiceRemota è un gesto culturale. Ma anche sociale, poetico, agricolo.

Chi accompagna

Non sono guide turistiche. Non hanno patentini né divise. Sono persone che hanno vissuto abbastanza per riconoscere il suono delle piante, per parlare con l’acqua, per raccontare senza alzare la voce.

  • Una levatrice in pensione, che sa dove nascono le sorgenti e dove finisce il fiato.

  • Un muratore senza fretta, che costruisce muretti a secco come fossero versi.

  • Un pastore che suona le stelle, con un flauto di sambuco fatto da suo nonno.

  • Una maestra di paese, che legge il paesaggio come fosse una lavagna del tempo.

Sono testimoni. Non spiegano, condividono. Non ti portano in un luogo: ti fanno entrare in una storia.

Come si viaggia

  • A piedi, con le scarpe impolverate. In treni locali che si fermano ad ogni stazione, anche a quelle senza nome. In Fiat Panda vecchie e stanche, ma ancora affettuose.
  • Si viaggia in silenzio, a volte. Perché non tutto ha bisogno di parole. I telefoni si spengono. I passi diventano conversazione. I pasti si condividono senza scattare foto.
  • Viaggiare con RadiceRemota non è un’esperienza organizzata. È un piccolo spostamento interiore, innescato da un sentiero, una voce, un gesto lento.

Per chi è

Per chi si commuove di fronte a un pozzo, una sedia vuota, un campo non coltivato.
Per chi ha perso un pezzo di sé e non lo cerca su Google Maps.
Per chi ha capito che anche camminando piano si arriva.
Per chi non vuole solo visitare, ma ritornare.
Per chi non cerca l’evento, ma il contesto.
Per chi ha dentro una nostalgia che non sa spiegare.

Manifesto

  • Non lasciamo tracce. Lasciamo domande.
    Crediamo che l’Italia nascosta abbia ancora qualcosa da dire, se solo qualcuno decide di ascoltare. Non crediamo nel turismo sostenibile se non cambia la postura interiore.
  • Le nostre rotte sono fragili. Non sono fatte per tutti. Ma chi ci entra, difficilmente esce come prima. Camminiamo tra i margini per riscrivere il centro. Non siamo un brand. Siamo una possibilità di ritrovamento.